LICENZIAMENTO PER SOPRAVVENUTA INIDONEITA' FISICA

LICENZIAMENTO PER SOPRAVVENUTA INIDONEITA' FISICA

LICENZIAMENTO PER SOPRAVVENUTA INIDONEITA' FISICA

In questo articolo, esploreremo il tema del licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, basandoci su un caso concreto trattato dalla Suprema Corte con l’ordinanza n. 15002/2023. Esamineremo le responsabilità del datore di lavoro e l’interpretazione della legge italiana in questa materia.


Si può licenziare un dipendente per sopravvenuta inidoneità fisica?


Il licenziamento del lavoratore che non può più svolgere le proprie mansioni a seguito di un sopravvenuto infortunio, di una malattia o di un aggravamento di una precedente disabilità può essere ritenuto legittimo solo nella misura in cui effettivamente il dipendente non possa più svolgere, con la stessa efficacia ed efficienza, le proprie mansioni. Tuttavia, prima di provvedere al licenziamento, il datore di lavoro è chiamato a effettuare ciò che tecnicamente va sotto il nome di repêchage. Il repêchage altro non è che un ripescaggio, una valutazione circa le possibilità di adibire il lavoratore ad una diversa mansione con cui sia compatibile il suo stato di inidoneità fisica. Tale mansione può essere anche di livello inferiore. In altri termini non è possibile procedere al licenziamento se il dipendente ha conservato una residuale capacità lavorativa e, in azienda, ci sono posizioni libere con cui tale capacità lavorativa è conciliabile. Il ripescaggio non obbliga il datore di lavoro a spostare i dipendenti dalle proprie funzioni se ciò può implicare degli stravolgimenti. La riorganizzazione dell’assetto aziendale dunque non è un obbligo del datore, a meno che – come sostiene la Cassazione – ciò possa avvenire con un «ragionevole accomodamento organizzativo» (insomma, senza grandi sforzi). A queste condizioni, il licenziamento è illegittimo. Ma spetta al datore di lavoro dimostrare l’assenza di altre posizioni a cui adibire il lavoratore divenuto inidoneo alla mansione. Per fornire la prova dell’adempimento di ogni obbligo a sui carico, il datore di lavoro deve convincere il giudice di aver compiuto uno sforzo diligente ed esigibile per trovare una soluzione organizzativa appropriata in grado di scongiurare il licenziamento, avuto riguardo a ogni circostanza rilevante nel caso concreto.


Quali sono gli obblighi del datore di lavoro in caso di inidoneità fisica sopravvenuta?


Sintetizzando quanto appena detto e tenendo conto delle espressioni utilizzate dalla Cassazione, possiamo dire che, nel caso di un licenziamento dovuto all’inidoneità fisica di un lavoratore, il datore di lavoro ha il compito di dimostrare la validità delle motivazioni di tale decisione. Questo implica innanzitutto di verificare l’inidoneità fisica del dipendente e l’impossibilità di assegnargli un’altra mansione eventualmente anche inferiore. In secondo luogo implica anche la prova dell’impossibilità di attuare “accomodamenti organizzativi ragionevoli” per ricollocarlo. Questi ultimi potrebbero includere la realizzazione di attività o operazioni che favoriscano un adeguato adattamento del posto di lavoro.


La vicenda


La Corte d’Appello di Genova ha stabilito l’illegittimità del licenziamento di una lavoratrice da parte di una cooperativa a causa della sua parziale inidoneità fisica. Tale decisione ha comportato la reintegrazione della lavoratrice e il pagamento di un risarcimento del danno da parte dell’azienda. La Corte ha ritenuto che la cooperativa avesse mancato l’obbligo di valutare la possibilità di adottare adattamenti organizzativi ragionevoli per fornire alla lavoratrice una sistemazione adatta alla sua salute. Tale adattamento, secondo la Corte, era possibile considerando l’organizzazione della cooperativa. La cooperativa ha presentato un ricorso in Cassazione per contestare la sentenza della Corte d’Appello. La Cassazione ha richiamato il principio secondo cui il datore di lavoro ha l’onere di dimostrare la necessità di un licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta. Ha poi affermato che la Corte d’Appello aveva correttamente valutato le capacità residue della lavoratrice per determinare la validità della richiesta di licenziamento. La Cassazione ha respinto il ricorso della cooperativa e ha ordinato alla stessa di coprire le spese legali. Attraverso l’esame di questo caso, è possibile comprendere meglio il quadro legislativo e giurisprudenziale relativo al licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta. Ciò sottolinea l’importanza per i datori di lavoro di considerare tutte le opzioni disponibili prima di procedere al licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta, compreso l’adattamento del posto di lavoro o delle mansioni per soddisfare le esigenze di salute del lavoratore.


I precedenti


L’obbligo di repêchage prima del licenziamento del lavoratore in parte inabile è ormai stabile nell’interpretazione della Cassazione. In un altro precedente (sentenza 2008/17) la stessa Suprema Corte ha detto che non può essere “ripescato” dalla clinica il fisioterapista risultato parzialmente abile se le uniche mansioni cui può essere adibito prevedono la movimentazione di pesi e pazienti. La Corte di legittimità ha rigettato il ricorso di un lavoratore, fisioterapista presso una casa di cura, licenziato perché risultato parzialmente abile allo svolgimento delle mansioni dopo una visita medica. Il datore aveva licenziato il dipendente per impossibilità di adibirlo alle mansioni previste, non essendoci altre posizioni, all’interno della clinica, da poter ricoprire. E infatti, era emerso che lo svolgimento di mansioni comportavano in ogni caso l’eventuale movimento di pesi e dei pazienti. I giudici hanno tenuto conto della certificazione del collegio medico, secondo cui il dipendente, pur ritenuto idoneo alla mansione di fisioterapista, non poteva tuttavia essere adibito a mansioni che comportassero trasferimento e spostamento globale del paziente anche nella deambulazione assistita». Come specificato la sezione lavoro, il datore, dove possibile, deve mantenere in servizio il lavoratore se in grado di reperire mansioni che consentano al dipendente di svolgere la prestazione senza compromissioni della salute, «anche se con compromissione della sua professionalità, qualora vi sia accettazione di un demansionamento».


Diritti del malato - Tratto da laleggepertutti.it - di Raffaella Mari - Giugno 2023

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