DISABILI, OBBLIGO DI ACCOMODAMENTI PER IL LAVORO

DISABILI, OBBLIGO DI ACCOMODAMENTI PER IL LAVORO

"La discriminazione diretta e indiretta richiede al datore di lavoro ragionevoli accomodamenti per garantire pari accesso al lavoro."


La normativa vigente garantisce il diritto al risarcimento per i lavoratori disabili che subiscono discriminazioni sul posto di lavoro. Questi lavoratori hanno il diritto di richiedere che il datore di lavoro implementi "accomodamenti ragionevoli", permettendo loro di svolgere le proprie mansioni in condizioni paritetiche rispetto ai colleghi. Ma cosa si intende esattamente per discriminazione legata alla disabilità? È fondamentale partire da questa definizione per comprendere quando un lavoratore possa intraprendere azioni legali contro l'azienda. Di seguito, esploreremo i concetti di “discriminazione diretta” e “discriminazione indiretta” nel contesto lavorativo.


La discriminazione basata sulla disabilità comprende qualsiasi forma di differenziazione, esclusione o limitazione che possa compromettere o negare il riconoscimento e l'esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle persone con disabilità, garantendo loro pari opportunità rispetto agli altri.

A livello internazionale, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata in Italia con la legge n. 18/2009, definisce tale discriminazione come «qualsiasi distinzione, esclusione o restrizione fondata sulla disabilità che possa influire negativamente sul riconoscimento, sul godimento o sull'esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali in vari ambiti, inclusi quello politico, economico, sociale e culturale». Inoltre, la Direttiva 2000/78/CE dell'Unione Europea stabilisce un quadro normativo per garantire la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro, vietando esplicitamente la discriminazione per disabilità.


Distinzione tra discriminazione diretta e indiretta


In Italia, il Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 216, che attua la direttiva europea, distingue tra discriminazione diretta e indiretta:


  • Discriminazione diretta: Si verifica quando una persona con disabilità riceve un trattamento meno favorevole rispetto a un'altra persona in situazioni simili, a causa della sua disabilità.
  • Discriminazione indiretta: Accade quando una norma, un criterio o una prassi che sembrano neutri pongono le persone con disabilità in una posizione svantaggiata rispetto agli altri.


Esempi di discriminazione diretta


Alcuni esempi di discriminazione diretta includono:


  1. Un datore di lavoro che non assume un candidato qualificato esclusivamente a causa della sua disabilità, trattandolo in modo meno favorevole rispetto a un candidato senza disabilità.
  2. Un'azienda che penalizza le assenze legate a una disabilità, mentre altre assenze, come quelle per congedo parentale, non vengono sanzionate.
  3. Un dipendente con disabilità che non riceve una promozione nonostante possieda le stesse qualifiche degli altri candidati che vengono promossi.
  4. La mancanza di strutture accessibili, come bagni per disabili, nell'ambiente lavorativo.
  5. La presenza di barriere fisiche, come scalinate, che impediscono l’accesso ai lavoratori disabili.


Esempi di discriminazione indiretta


Alcuni esempi di discriminazione indiretta includono:


  1. Un'azienda che richiede a tutti i dipendenti di partecipare a riunioni in piedi, senza considerare alternative per chi ha difficoltà motorie.
  2. Un contratto collettivo che stabilisce un periodo di comporto unico per tutti i lavoratori, ignorando le esigenze specifiche delle persone con disabilità.
  3. La programmazione di riunioni in videoconferenza senza opzioni per la partecipazione delle persone non udenti.
  4. La strutturazione di corsi di formazione in luoghi inaccessibili, escludendo di fatto i partecipanti con disabilità.


Questi esempi illustrano come la discriminazione diretta si manifesti attraverso un trattamento sfavorevole basato sulla disabilità, mentre quella indiretta si verifica attraverso norme o pratiche che, pur sembrando neutre, creano svantaggi per le persone con disabilità.


Obbligo di adottare accomodamenti ragionevoli


La mancata attuazione di "accomodamenti ragionevoli" rappresenta una forma di discriminazione. Gli accomodamenti ragionevoli sono modifiche necessarie per garantire alle persone con disabilità il pieno godimento dei loro diritti. Secondo l'articolo 5 della Direttiva 2000/78/CE, i datori di lavoro devono adottare misure appropriate, in base alle esigenze specifiche, per consentire ai disabili di accedere e partecipare al lavoro, salvo che ciò non imponga un onere finanziario eccessivo.


Giurisprudenza significativa


La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha stabilito che il termine “handicap” comprende anche condizioni patologiche, sia curabili che incurabili, che limitano la partecipazione dei lavoratori alla vita professionale. Inoltre, la Corte di Cassazione italiana ha affermato che la discriminazione indiretta può manifestarsi anche all'interno della stessa categoria di disabilità, quando una norma apparentemente neutra svantaggia una specifica sottocategoria di disabili rispetto ad un'altra.


In Italia e in Europa, la protezione dei diritti dei lavoratori con disabilità è garantita da specifiche normative. Tra queste, spicca la direttiva 2000/78/CE, che stabilisce un quadro per la parità di trattamento nel contesto lavorativo. In Italia, il Decreto Legislativo 216/2003 (articolo 3) attua questa direttiva, con un focus particolare sull’obbligo di adottare accomodamenti ragionevoli. Queste leggi impongono ai datori di lavoro di implementare modifiche appropriate, come definito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, per assicurare che i lavoratori disabili possano godere degli stessi diritti e opportunità degli altri dipendenti. Questo include la possibilità di accedere al lavoro e svolgere le proprie mansioni senza discriminazioni.


Cosa si intende per “accomodamenti ragionevoli”?


Gli accomodamenti ragionevoli si riferiscono a modifiche dell’ambiente lavorativo necessarie affinché i dipendenti con disabilità possano lavorare in condizioni paritarie. Queste misure sono parte integrante delle normative italiane ed europee, che mirano a garantire il rispetto della non discriminazione e a favorire l’inclusione lavorativa. La Convenzione ONU definisce gli accomodamenti ragionevoli come “modifiche e adattamenti necessari e appropriati che non comportino oneri sproporzionati o eccessivi, adottati quando necessario per garantire a persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di diritti umani e libertà fondamentali”.


Esempi di accomodamenti ragionevoli


Le forme di accomodamenti ragionevoli possono includere:


  • Modifiche strutturali, come la creazione di rampe, ascensori o servizi igienici accessibili.
  • Fornitura di attrezzature adeguate, come tecnologie assistive o software specifici per aiutare i lavoratori con disabilità visive.
  • Flessibilità nell’orario di lavoro, che può includere opzioni part-time o pause più lunghe per gestire le esigenze legate alla disabilità.
  • Adattamenti delle postazioni di lavoro per renderle più accessibili.
  • Permessi per terapie o trattamenti medici.
  • Assegnazione di compiti che si adattino alle capacità del lavoratore disabile.
  • Recentemente la Cassazione ha affermato che ai lavoratori con disabilità va garantito un ambiente di lavoro compatibile con le loro condizioni, stabilendo che lo smart working va considerato accomodamento ragionevole tutela dei lavoratori con disabilità: la Corte di Cassazione, infatti, ha ribadito nella sua sentenza n. 605/2025 il diritto di un dipendente ipovedente di svolgere le proprie mansioni in modalità smart working, rigettando il ricorso dell'azienda. La decisione ha creato un importante precedente in materia di discriminazioni sul posto di lavoro. Per approfondire:


Testo sentenza n. 605/2025 Corte di Cassazione


Recenti pronunce giuridiche hanno stabilito che, nel calcolo del periodo di comporto—ovvero il limite massimo di assenze per malattia—i datori di lavoro devono adottare un approccio più flessibile nei confronti dei lavoratori disabili. Non è corretto trattare i lavoratori con disabilità nello stesso modo dei dipendenti completamente sani. Pertanto, è considerato discriminatorio licenziare un lavoratore affetto da una malattia grave sulla base del numero di giorni di assenza previsto per gli altri. In tali casi, l’accomodamento ragionevole implica la possibilità di estendere il periodo di comporto per i disabili.


In sintesi, gli accomodamenti ragionevoli sono essenziali per garantire che le persone con disabilità possano accedere equamente al mondo del lavoro, rimuovendo le barriere che ostacolano la loro piena partecipazione.


Limiti degli accomodamenti ragionevoli


È importante sottolineare che gli accomodamenti ragionevoli non devono gravare eccessivamente sulle finanze del datore di lavoro. La normativa prevede che le misure necessarie vengano adottate, a meno che tali misure non comportino costi troppo elevati.


P.s.: Le leggi che tutelano i diritti dei lavoratori disabili in Italia e in Europa sono:

  • la direttiva 2000/78/CE: offre il quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro;
  • il Dlgs 216/2003 (articolo 3) di attuazione della direttiva 2000/78/CE in Italia, con specifico riferimento all’obbligo di accomodamenti ragionevoli.


Notiziario del malato - Rielaborazione testo tratta da laleggepertutti.it - di Angelo Greco - Febbraio 2025

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